Per prima cosa, facciamo un po’ di chiarezza: che differenza c’è fra una jumpsuit, un boiler suit (una tuta ampia) e una salopette?
La jumpsuit è un capo monopezzo aderente che copre le braccia e le gambe. Era stata creata nel 1919 per i paracadutisti per, ebbene si, saltare (jump) dagli aerei. Il boiler suit è una tuta più ampia e più “utilitarian”. Indossata dagli uomini che si occupavano di mantenere accese le caldaie a carbone, il boiler suit venne adottato per la prima volta dalle operaie delle fabbriche di munizioni durante la Seconda Guerra Mondiale, ma in una versione più aderente con gamba molto ampia, perché si adattasse meglio al corpo femminile. La salopette, invece, è stata inventata da Levi Strauss a Jacob Davis negli anni Novanta dell’Ottocento.
Probabilmente a causa della vestibilità più aderente, la jumpsuit è stato il primo di questi tre indumenti a diventare un capo fashion.
Negli Anni 30, Elsa Schiaparelli cominciò a creare jumpsuit eleganti. Delle sue tute si faceva un gran parlare, ma probabilmente erano indossate da una clientela selezionata. I modelli più sporty della designer americana Vera Maxwell a metà degli Anni 40 furono più popolari, ma erano comunque considerati una novità. Le tute indossate dalle donne durante la Seconda Guerra Mondiale erano per la maggior parte indumenti utilitarian – Rosie the Riveter è un esempio famoso – ma già negli Anni 50 stilisti americani come Bonnie Cashin sperimentavano con tute da sera. Ma ci vollero altri dieci anni perché la jumpsuit si affermasse come capo da giorno e da sera.
La jumpsuit è apparsa per la prima volta su Vogue nel settembre del 1964. Immortalata da Irving Penn, la tuta in jersey di lana color caffè di Guy Laroche era abbinata con una giacca in pelle di foca. Fu un’apparizione che fece epoca, e pochi mesi dopo era già un trend: i modelli di due tute in jersey bianco in stile “spaziale” erano apparse nei Vogue patterns nel gennaio 1965.
La fine degli Anni 60 e 70 furono un periodo d’oro per la tuta. C’erano modelli sportivi per il giorno, e tute in pelle con decori per la sera. Quasi tutti gli stilisti avevano la loro versione della jumpsuit, da Oscar de la Renta a Christian Dior, da André Courrèges a Yves Saint Laurent. Negli Anni 70 la tuta divenne unisex, amatissima da uomini e donne dai fianchi sottili. Cher ed Elvis adottarono la tuta per i loro costumi di scena mentre i frequentatori abituali dello Studio 54 ballavano i brani disco sfoggiando tute di Halston super chic.
Negli Anni 80 la tuta era diventata così popolare che il designer americano Geoffrey Beene l’aveva ribattezzata “l’abito da sera del prossimo secolo”. Ma, raggiunta forse la saturazione, la tuta venne messa da parte fino all’inizio degli anni 2000. Poi, nel 2002, Nicolas Ghesquière, all’epoca da Balenciaga, cominciò a sperimentare con tessuti e disegni, e mandò in passerella una versione rivisitata della jumpsuit, rilanciando, così, il modello. Facile da indossare, versatile e dinamica, la jumpsuit è ormai un classico del guardaroba moderno.
Fonte: https://www.vogue.it/moda/article/jumpsuit-storia-e-tendenze-autunno-inverno-2019-2020